Una comunità linguistica non s’identifica solo ed esclusivamente con il gruppo che abita entro gli stessi confini geografici e che condivide la stessa lingua, ma si definisce attraverso un sistema di segni che è espressione di specifici significati socio-culturali, testimonianza di valori, di tradizioni comuni. Il processo d’identificazione di una comunità si realizza grazie ad un dinamismo che vede impegnati i suoi partecipanti in differenti contesti sociali: la casa, la famiglia, il lavoro, la scuola, la strada, il web. Tutti luoghi nei quali si intessono nuove relazioni/interazioni, reali e virtuali, che sono i principi costitutivi, fondamentali dei contatti umani. I linguaggi, gli stili comunicativi, nella rappresentazione e negoziazione delle relazioni che ne seguono, specificano il gruppo d’individui che si riconosce e si distingue da altri gruppi che condividono, invece, altre norme e credenze, altri usi, differenti costumi e valori. Ed è proprio nelle comunità linguistiche (che tuttavia non sono sistemi fissi, ma variabili, sfumati, sfrangiati, così come tante e mutevoli sono le vicende che caratterizzano la vita dei singoli individui) che si concretizzano le identità e le ideologie.
Queste poche riflessioni, in sintesi, enucleate il primo settembre scorso, durante la IX edizione della Summer School di Arti performative e Community Care (2020), nella Piazza San Giorgio di Ortelle (LE), che per una settimana ha accolto studiosi che insieme hanno, con grande impegno, tessuto la trama di una nuova comunità linguistica: quella di chi, pur provenendo da regioni diverse d’Italia e da altri Paesi, ha dimostrato di condividere valori, progetti, interessi, per la realizzazione di un sapere ricco di contenuti veri e profondi. Grazie agli organizzatori, Ada Manfreda e Salvatore Colazzo, per questa stimolante e gratificante esperienza.


